Esercizi di immedesimazione nella vita degli altri con 3 racconti reali raccontati da Casa delle Agriculture Giovani
L’AUTISMO SCRIVE A MAMMA E PAPA’ - Lettura di Gabriele Rizzello
Testo:
Se siete genitori di un bimbo al quale sono appena stato diagnosticato, sappiate che non siete soli. Mi presento: sono l’autismo, un disturbo che interessa circa 1 bimbo ogni 70, il che significa che nel mondo ci sono centinaia di migliaia di famiglie che, come voi, hanno appena ricevuto una diagnosi.
Non siete soli nel caos di emozioni e di pensieri che vi procuro, non siete soli nelle domande sul futuro a cui non potete ricevere risposta, non siete soli perché avete una forza di volontà che vi consentirà di prendere in mano la vostra vita e quella di vostro figlio per renderla la migliore possibile.
Sono un ospite indesiderato che si adagia in casa vostra e non vi lascia più, questo è vero, ma non sono un nemico. Imparate a considerarmi un modo di essere e di “funzionare” differente, che non avevate messo in conto. Sarete sempre più capaci di capire ogni mia caratteristica e di interpretare ogni mia manifestazione. Diventerete dei veri esperti.
Io non voglio esservi ostile, non ho scelto voi di proposito. E’ successo e basta. Non importa quanto la vita oggi possa sembrarvi dura o quanto quel castello di sogni si stia riempiendo di crepe, sappiate che ci sono tante cose che potete fare a partire da domani e queste cose faranno una differenza enorme nel futuro del vostro bambino.
Tanto per iniziare cercate dei validi professionisti, che mi conoscano in tutta la mia complessità. Circondatevi di terapisti per cui i vostri bimbi non siano meri pazienti ma persone degne della massima attenzione.
Mi chiamano “spettro” perché sono un miliardo di cose insieme e sono unico per ogni bambino, nel senso che mi manifesto in modo diverso in ognuno di loro. Ricordate che “ogni persona con autismo è unica e irripetibile” per cui non ne troverete mai una uguale a un’altra, quindi meglio non generalizzarmi.
Sono un “disturbo del neurosviluppo” - così mi definiscono - ma sono anche una difficoltà di percezione sensoriale. I miei sensi sono poco coordinati, non ricevono le informazioni nel modo corretto ed è per questo che spesso mi manifesto con iperattività, comportamenti eccessivi o, al contrario, con iporeattività. Spesso quando si fa riferimento a me vengono alla mente i soliti comportamenti problema, i deficit del linguaggio o la scarsa interazione sociale ma pochi si chiedono come i bambini nel mio spettro percepiscano il mondo, per questo credo sia cruciale conoscere il ruolo della sensorialità nel mio modo di essere e di agire. Ma io non sono una psicosi o una malattia! 2 aprile per me è anche questo: ricordare a tutti che devo essere compreso e non etichettato in un manuale diagnostico, perché più verrò compreso e meno sembrerò anomalo. E’ questa la vera grande sfida!
E a voi genitori dico: respirate profondamente, potete farcela! Interagite coi vostri bimbi seguendone le motivazioni, favorendo un contento educativo gratificante e naturalmente divertente per voi e per loro. I migliori risultati partono da qui. Buona fortuna!
LETTERA DA UNA MAMMA A UNA MAMMA - Lettura di Desiree Longo
Testo:
Cara mamma di Luca,
il nostro è stato un incontro di cuori. Due madri di ragazzi con autismo, nel mare di mamme di ragazzi che affollano l’ingresso della scuola: non potevamo non trovarci, ti pare? Al tuo Luca hanno posto la diagnosi da poco e vorrei provare a rispondere alle tue tante domande.
Tu mi chiedi se mia figlia Silvia è diventata autistica o è nata così? Non lo sapremo mai, temo. Ho sentito troppi pareri discordanti su questo argomento. Io so solo che quando è nata, mia figlia mi ha guardato con degli occhioni incredibili, che sprizzavano furbizia e voglia di vivere. Mangiava poco, faceva sempre di testa sua, odiava esser presa in braccio. Ma sorrideva sempre. A poco meno di due anni il suo sguardo ha cominciato a spegnersi, diventava sempre più isolata. Da allora la girandola di specialisti, esami, ricoveri per valutazioni, ci ha trascinato verso un abisso di preoccupazione ed angoscia. La diagnosi di autismo ci è stata comunicata con molto tatto, da un neuropsichiatra che stimiamo. Ma è stato pur sempre un colpo duro.
Cos’era l’autismo? Un trafiletto della dispensa per l’esame di psichiatria a Medicina. Il film Rain Man. Null’altro, se non un presagio sinistro, cioè che la nostra vita sarebbe cambiata per sempre. Poi incontrammo Viola, per caso (o no?). Una terapista eccezionale che si era specializzata sull’autismo. Con lei abbiamo intrapreso un percorso che con pazienza ha trasformato la nostra piccola ribelle in una bambina. E così’ è iniziata la nostra rinascita. Grazie a lei e ad educatori specializzati abbiamo scoperto il metodo della Comunicazione alternativa, per interagire con lei attraverso immagini. Una modalità che diminuiva molto la sua ansia.
Tu mi chiedi: che cosa posso fare per aiutare mio figlio? Partiamo con lo sfatare una credenza molto radicata: l’autismo non è una malattia. E’ un diverso hardware cerebrale, un diverso modo di percepire la realtà e di elaborare i dati. Ma ti occorre una diagnosi, perché ti servirà per aiutare tuo figlio ad ottenere un adeguato sostegno a scuola, ad impostare un programma educativo e comportamentale che lo aiuti a superare le sue difficoltà, a far valere i suoi diritti anche sul piano degli aiuti economici, che, credimi, non sono scontati, in questo Paese. Io ho dovuto quasi sempre appoggiarmi a strutture private, perché nella zona dove vivo nessuna struttura pubblica fornisce programmi terapeutici efficaci. Ma non tutti possono permetterselo. Quindi contatta un bravo neuropsichiatra.
Dovrai spiegare nel minimo dettaglio a Luca ciò che lo aspetta durante la giornata, soprattutto se quel giorno andrà incontro a variazioni, aiutandoti con un’agenda visiva che lo farà collaborare meglio. Dovrai prepararti a sostenere lo sguardo impietosito o infastidito della gente, che non comprende come mai quel bellissimo bambino tocca ogni cosa che vede, non rispetta la fila, si agita per un nonnulla e corre senza sosta. Capricci, diranno. No, alterazioni sensoriali: ma come spiegarlo in quei momenti?
Dovrai imparare a gestire le differenze tra Luca e suo fratello come è successo a me con le mie figlie. Capirà presto anche lui che non è possibile educare con le stesse modalità un bambino neurotipico e un bambino autistico. Imparerà a nascondersi per giocare ai videogame perché per suo fratello è deleterio, in pochi minuti lo manderebbe in sovraccarico sensoriale, rendendolo irritabile. Imparerà che certi suoni e certe luci per Luca sono iperstimolanti, così come alcuni odori, per cui Luca spesso vuole mangiare da solo sul divano, mentre il fratello deve rispettare le regole in silenzio e mangiare a tavola con voi. Forse prima o poi uscirà con la frase “perché non sono autistico anche io?”, per ottenere quella diversa attenzione che riservate, senza volerlo, soltanto a Luca.
Se “ogni bambino ha il suo cestino”, quello dei fratelli dei bimbi autistici è paragonabile a uno zaino, un po’ pesante da portare, ma che al cui interno, in futuro, troveranno risorse che altri ragazzi non hanno. Ma ti accorgerai, piano piano, che anche un figlio autistico è un regalo. Quale compagno di tuo figlio legge una volta la lezione e la impara già? Mia figlia attualmente controlla meglio gli stati di ansia che le causavano le crisi e anche a scuola è migliorata tantissimo.
Cosa ti posso dire di lei? Silvia ha molte qualità proprio perché è autistica. I suoi disegni ipercolorati sono delle vere carezze per gli occhi. Il suo orecchio musicale assoluto le permette di ricreare al pianoforte delle melodie ascoltate solo poche volte, ed in diverse tonalità. Ha una fantasia sfrenata che le permette di creare racconti incredibili, magari un po’ sconclusionati…ma ha solo dieci anni. Cosa spero per lei per il futuro? Il mio orizzonte si è aperto da quando, anni fa, ho scoperto la figura della dottoressa Temple Grandin, guardando il film sulla sua vita.
Non poniamoci limiti. La vita ci può sorprendere.
Tratto da “lettera tra due mamme, l’autismo non è una malattia ma un hardware diverso” da il Fatto Quotidiano, marzo 2014
PENSARE PER IMMAGINI - Lettura di Miriam Rizzello
Testo:
Pensare con il linguaggio e le parole mi è estraneo. Io penso interamente per immagini. Le immagini sono la mia porta d’accesso al mondo. Ero convinta che tutti pensassero come me ma mi son dovuta ricredere quando ho interrogato varie persone sui loro meccanismi di pensiero.
Per recuperare un‘informazione che mi è stata comunicata verbalmente io devo risalire all’immagine della persona in questione mentre parla.
Tanti autistici, come me, sono pensatori visivi.
Le immagini rappresentano la mia prima lingua e le parole sono la mia seconda. Pur avendo un nutrito bagaglio verbale, ho capito che le immagini hanno su di me una presa incredibile.
I sostantivi sono stati ciò che di più facile io abbia appreso, perché posso creare nella mente un’immagine precisa della parola. Le frasi lunghe ancora oggi non mi aiutano, spesso rappresentano solo rumore.
Lavorando nel campo della progettazione di attrezzature per il bestiame, la modalità del pensiero visivo è stata una carta importante che mi ha permesso di acquisire una reputazione internazionale di cui vado fiera, a scapito di quello che si possa ancora oggi pensare su una persona avente l’autismo. Il mio pensiero visivo è così potente che io posso attuare nella mia mente delle vere e proprie simulazioni del funzionamento del progetto che voglio mettere in atto e in questo mi sento privilegiata. Il mio modo di pensare, insomma, è diverso ma non per questo meno efficace.
Quando penso a un concetto astratto come una discussione, io attuo una similitudine nella mia testa e tutto mi è chiaro. Per esempio, una lite fra i miei vicini per me somiglia al conflitto tra gli U.S.A. e l’Europa a causa dei diritti doganali. Allora non che sono strana, ditemi che sono originale!
Liberamente ispirato a “Pensare per immagini” di Temple Grandin
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