Una visione collettiva e ostinata, decine di cuori pulsanti: il primo Mulino di Comunità della Puglia compie un anno e si colloca perfettamente in un orizzonte tutto in divenire. Qui la parola chiave è restanza: restare e resistere in terre marchiate dal motto del “qui non c’è niente e non ci sarà mai niente”. Siamo a Castiglione d’Otranto, nel Leccese, un paese di mille anime e poco più. Non a caso, nella “Zona Trice”, dove da sempre si tiene la Fiera di Santa Maria Maddalena, e in passato si fissava il prezzo dei cereali per tutto il circondario, sorge il “gigante Mulino a pietra”. Così lo hanno ribattezzato le scolaresche in visita. Poggia su un giardino di un anziano del posto, dinanzi ad un campo di calcetto in disuso e ad un orto sinergico coltivato da ragazzi con altre abilità: uno spazio di periferia e di centro. Fortemente voluto dall’associazione Casa delle AgriCulture Tullia e Gino, il Mulino di Comunità è affidato alla gestione dell’omonima cooperativa agricola, nata esattamente con questo scopo. Centro di trasformazione polivalente dei cereali di qualità, il Mulino è stato pensato per ridare valore alla biodiversità leguminosa e cerealicola. Fin dalla nascita, il suo obiettivo primario, ormai concretizzato, è garantire a tutti il diritto ad un cibo sano e di qualità. Tutti devono accedervi: i poveri, i contadini, i figli di disoccupati, cassaintegrati, salariati. È arnese per praticare la democrazia del cibo, perché chiunque porti il proprio raccolto possa usufruire di un servizio di molitura a costi equi e perché chiunque possa acquistare prodotti sani. In tempi di quarantena da Covid-19, è significativo il riscontro avuto dalle famiglie nel fare la spesa a prezzi calmierati e sociali, trovando un’alternativa valida alla grande distribuzione e resistendo alla tentazione, anche economica, del cibo spazzatura.
I mulini a pietra sono l’unica alternativa per la produzione di farine di pregio e di gusto. È solo questo tipo di macinazione a permettere di conservare il germe, la parte più nobile del seme. Al contrario, il metodo industriale lavora maggiori quantità ma raffina, surriscalda e impoverisce le farine di vitamine e proteine. L’approccio dolce delle mole al grano consente di rispettare maggiormente le caratteristiche fisiche e chimiche delle granaglie, consegnando farine meno fini, ma più ricche di vitamine, oli, enzimi e sali minerali. Avere un mulino con macine in pietra significa, dunque, garantire la qualità nel processo di lavorazione dei cereali per ottenere farine sane. Se quel mulino, però, è di comunità, allora la sfida diventa doppia: significa dare a giovani contadini l’opportunità di reinventare dal basso, collettivamente, le sorti di un pezzo di territorio. Sono cinque i rapporti di lavoro attivati nell’ultimo anno dalla cooperativa e dall’associazione. Due mugnai, un contadino e un’addetta alle vendite sono affiancati da un’operatrice per l’inclusione di persone con altra abilità e da decine di volontari attivi quotidianamente nelle attività agricole, di allevamento apistico e in quelle di animazione sociale e culturale.
Dopo dodici mesi di intensa attività, il Mulino di Comunità si conferma uno strumento adatto per combattere lo spopolamento nelle aree rurali salentine. I nuovi Contadini di Castiglione restituiscono in cifre e nuova solidarietà la dimensione dell’impegno al servizio di un territorio marginale, reso centrale grazie alla valorizzazione della comunità di riferimento, all’investimento sulla ruralità e ai suoi valori e alla cura della terra con metodi naturali. Non si può dimenticare, infatti, che il Mulino è una infrastruttura al servizio del Salento tutto, nata con lo sforzo corale di tantissimi cittadini volontari, con il supporto di una cospicua rete di donatori privati. La prima a sostenere il progetto è stata una signora, che ha donato la sua intera buonuscita. La raccolta fondi dal basso ha accumulato 37mila euro. Non è mancato neppure il sostegno delle istituzioni ed in particolare della Regione Puglia con uno stanziamento di 50mila euro nella legge bilancio dell’anno 2017. Fondazione con il Sud ha contributo con 15mila euro. È stato inoltre acceso un mutuo da 70mila euro dalla stessa cooperativa Casa delle AgriCulture.
Il Mulino è sì luogo di produzione, ma è anche uno spazio di nuova cultura del cibo e della spesa. Una volta a settimana, ospita un gruppo di acquisto popolare anticrisi, mettendo in rete microproduttori naturali, e ogni giorno apre il proprio spaccio in via Depressa, n. 3. Sono circa 280 le persone che, da Lecce a Santa Maria di Leuca, abitualmente scelgono di fare la spesa in questa maniera alternativa, prenotando settimanalmente farine, salsa, verdure biologiche, prodotti da forno e altri alimenti, ritirando le proprie cassette.
L’obiettivo è dunque chiaro: più terreni intorno a questo esperimento portano ad un vero e proprio ribaltamento di un’idea distorta della natura e del suo rapporto con l’uomo. È anche per questo che Casa delle AgriCulture opera dal 2012 per rinvigorire campi abbandonati con la formula del comodato d’uso gratuito, utilizzando la pratica dell’agricoltura naturale e senza pesticidi. Il Mulino di Comunità si colloca esattamente in questa direzione. Ben 35 tonnellate di grani, in dodici mesi, sono state trasformate in farine di alta qualità. Tante sono le attività avviate, ma tanti anche i sacrifici fatti finora. Il primo passo compiuto dalla società agricola, a pochi mesi dall’inaugurazione del mulino, è stato quello di creare i presupposti per la stipula di un contratto di filiera con cooperative agricole, coltivatori diretti e giovani contadini che vorranno diventare “soci conferitori”. Il contratto di filiera “Alexander Langer” ha come obiettivo quello di ottenere la migliore valorizzazione delle produzioni provenienti dai soggetti aderenti e servirà a stabilire il prezzo di acquisto del grano, ma soprattutto a regolamentare la coltivazione. Lo scorso dicembre, come racconta il presidente della coop. Donato Nuzzo, si è deciso di coinvolgere più produttori locali nella stesura del patto di filiera. Diverse, però, sono state le difficoltà a raggiungere un numero sufficiente per poter dare vita al progetto. Non per questo l’obiettivo verrà accantonato: “Ci riproveremo il prossimo settembre, con ancora più determinazione”, dice con convinzione Donato.
Entrando nel Mulino, subito si viene colpiti da una targa che recita: “Non con la speranza del guadagno, ma della libertà”. Così ricorda un’epigrafe di un frantoio del Capo di Leuca, datata 1789, anno della Rivoluzione francese. C’è un futuro che ritorna a Castiglione, perché tanta è l’ostinazione, ma tanto anche il coraggio di non darsi mai per vinti. Risvegliare risorse che erano dormienti, dare nuova vita e un nuovo significato alla terra e all’agricoltura, guardare alle storie che si nascondono dietro ai pomodori, dietro alle spighe del grano, puntare alla cooperazione e non alla concorrenza: questo è quanto fatto a Castiglione. Ed è solo l’inizio.
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